Editoriale | Delaini & Partners

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“Cara Bolletta … - lancio l’ennesima occhiata stranita al totale in grassetto che troneggia a destra in basso, in mezzo ad una ridda di voci e numeri che sfido chiunque a interpretare – Anzi, mi correggo, carissima Bolletta …”
Ecco, così immagino di rivolgermi a quel documento, ormai in forma elettronica, che per un sacco di anni guardavo di sfuggita, tanto sapevo già più o meno che importo aspettarmi.

Magari ci aiuta a riflettere
Non ne faccio un caso personale ma la crescita esponenziale dei costi dell’energia nelle sue varie forme mi ha fatto riflettere sull’uso superficiale e sconsiderato che, nel mio piccolo, faccio di risorse critiche cui attingo distrattamente, troppo distrattamente. Cibo, acqua, aria, carburanti, energia nelle varie forme e dalle varie fonti per decenni li ho ritenuti un mero diritto, ricacciando nel profondo della mia coscienza i lontani ricordi degli anni ’50 in cui non ce n’era proprio tutta questa disponibilità a buon mercato e gli sprechi erano considerati alla stregua di un gravissimo peccato.
Ad un convegno il relatore, tra l’altro un amico cui successivamente ho chiesto di fornirmi i dettagli del problema, spiegava che il trasporto aereo di un chilo di ciliegie dal Cile comportava il consumo di un peso equivalente in carburante. Sono rimasto basito, semplicemente non mi ero mai posto il problema.

Su scala macroeconomica
Però il riflesso di questa sberla stiamo cominciando a capire come sia rilevante per tutta l’economia. Ho avuto tra le mani la bolletta di una importante acciaieria e credo di immaginare cosa stia succedendo a questo settore “ingordo” di energia, ma mi basta parlare con il proprietario del bar dove a volte prendo un caffè per cogliere la capillarità del problema.
L’ecologia la cominciamo a capire quando ci dà una sberla in faccia, ma la sberla che ricordiamo meglio è quella che ci colpisce duramente nel portafoglio. Leggere o sentire che tra cinquant’anni (ma anche tra trenta o dieci) la natura ci farà pagare un conto salatissimo per la nostra dissennatezza ci sconvolge nel profondo ma solo per dieci minuti, solo fino a quando la prossima notizia catastrofica ne prende il posto, tipo la sconfitta della nostra squadra di pallone o una medaglia di legno alle Olimpiadi. Sto scherzando, ma a denti stretti. Siamo evidentemente inadeguati per digerire bene la raffica di informazioni che riceviamo e, non fosse altro che per spirito di autoconservazione, spazziamo sotto il tappeto della memoria quelle più sgradite.

Momento per ripensare
Chiudo con un augurio che forse sa di preghiera: non è che da oggi possiamo cominciare a ripensare molti comportamenti, molte attività, molti processi? In fondo abbiamo accettato - stavo per dire subìto, visto che il coinvolgimento di molte imprese è unicamente superficiale o di convenienza - normative su qualità, sicurezza, ambiente e altro ancora. Non possiamo “inventarci” una normativa sul riutilizzo, sull’economia intesa nel senso di risparmio?
Trent’anni fa – ma forse erano quaranta – un imprenditore bresciano si è fermato a guardare perplesso i fumi dell’acqua caldissima che era servita per raffreddare le colate della sua acciaieria. Erano vapore acqueo, mica inquinamento, però si trattava comunque di una quantità enorme di energia che veniva buttata letteralmente al vento. Gli è venuta un’idea, magari pazza, ma un paio d’anni dopo il suo allevamento di storioni, un pesce che in Italia è estinto credo da secoli e che ama le acque non troppo fredde, produceva una barcata di utili perché, non dimentichiamolo, accanto alle carni pregiate lo storione produce quella cosa che i buongustai chiamano caviale.
Qualche idea qua e là che ci aiuti a risparmiare o a riutilizzare la troveremo di certo. In questo noi italiani siamo dei maghi!
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Alberto Delaini
alberto@delainipartners.it
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