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Difficile raccapezzarsi. Ogni volta che si consultano notizie sui mille canali informativi che rischiano di oscurare le nostre capacità di valutazione per la mostruosa quantità di elementi – sempre discordanti - che ci ammanniscono, da mesi vengono fuori un sacco di notizie positive. Il Covid regredisce anche per effetto di comportamenti civici decisamente inaspettati da parte di una etnia come la nostra, lo sport ci riversa addosso risultati assolutamente inattesi, l’economia si inerpica verso successi e trend di crescita mai visti da chissà quanti decenni.
La settimana scorsa ho percorso in autostrada la tratta Brescia-Padova e vi assicuro che non avevo mai visto in vita una ressa di auto e di camion come quella incontrata. Nessun incidente o coda per lavori stradali, solo file parallele di automezzi che procedevano senza quasi soluzione di continuità ordinate e testarde da est verso ovest e da ovest verso est. Se questo non è un segnale tangibile di ripresa dell’economia, allora non capisco niente di niente.
Miracolo? No: impegno integrato dal metodo.
Nell’ambito sportivo i talenti dei singoli non si possono inventare, nascono e basta e poi qualcuno li intuisce e li sgrezza. Diversamente, in una squadra, a volte si riesce a realizzare il miracolo dell’1+1=3, una specie di moltiplicazione impropria che ha alla base più di un ingrediente, tra i quali l’intelligenza del coach, l’affiatamento, l’entusiasmo. Il fatto che i nostri successi spazino indifferentemente dalle prestazioni individuali e quelle di gruppo credo stia a significare – specifico di non essere un esperto, al massimo un appassionato – come più d’uno nel nostro strambo ma fantasioso Paese abbia fatto mente locale sulle differenze tra una preparazione fatta in tempi normali ed una in periodi di reclusione e distanziamento. Questi atleti, preparatori e manager hanno capito che l’intera impostazione dell’avvicinamento ai grandi eventi dello sport andava rivista strutturalmente, come pure una preparazione fatta non di rado in solitudine o quasi. Parallelamente anche le motivazioni andavano adeguate.
Il risultato è stato semplicemente strepitoso e dalle Olimpiadi agli Europei (calcio e pallavolo sono i primi che mi vengono in mente) si è ottenuto qualcosa di assolutamente strepitoso.
Vale anche per la nostra impresa
Ma la crescita verticale nel fatturato delle nostre aziende, che sta pilotando il PIL verso trend dimenticati da una caterva di anni anche nel confronto di altri Paesi industrializzati e non, ricalca lo stesso copione. Evidentemente i nostri (bistrattati) manager e le nostre (troppo piccole e fragili, dicono) imprese hanno seguito inconsciamente il percorso dei campioni dello sport: pensare, programmare e magari inventare prima di … mettersi semplicemente a correre.
Perché il contesto è ingarbugliato mica poco: materie prime introvabili, componenti che scarseggiano, clienti nazionali ed esteri che vivono momenti evidentemente difficili, preoccupazioni ed incertezze che certo non favoriscono gli investimenti. Eppure siamo ripartiti alla grande e l’onda non pare accenni a placarsi.
Anni fa, quando la forbice di efficienza tra Italia e Germania si apriva sempre più, un caro amico e imprenditore tedesco mi ha detto scuotendo il capo: “Sono preoccupato per le difficoltà dell’Italia: quando siete con l’acqua alla gola tirate fuori regolarmente qualche idea inaspettata!”
Forse ha ragione lui, forse dobbiamo sprofondare tanto per trovare lo scatto giusto che ci faccia risalire. Non lo so. Intanto mi godo il momento.
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