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Filippo Lubrano
www.filippolubrano.it
me@filippolubrano.it
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XIntervista di Breaking News
Tre domande a Filippo Lubrano
consulente internazionale, gran viaggiatore ... e parecchio altro
X Le costrizioni e le restrizioni cui quest’ultimo anno ci ha condannato sono state vissute da ciascuno di noi con reazioni estremamente diversificate. C’è chi ha sofferto il non poter lavorare ai ritmi di prima, chi si è impegnato – almeno a livello mentale e preparatorio – per cogliere al balzo le opportunità che nasceranno al momento della ripresa, chi si è lasciato andare. Oppure chi ha accettato con filosofia la situazione cimentandosi in iniziative del tutto nuove ma parecchio stimolanti.
Abbiamo raccolto la testimonianza emblematica di Filippo Lubrano che ha dedicato questo periodo a guardare alla sua terra e alle persone che la popolano. Non dobbiamo stupirci della sua duttilità e capacità di adeguarsi a contesti diversi: come diceva un mio amico, in fondo anche Leonardo da Vinci era un ingegnere …
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Mi sembra, Filippo, che tu abbia un percorso professionale piuttosto particolare, soprattutto per un tecnico: hai cominciato dai camion e sei arrivato ad occuparti di “digital twin”, di racconti e di immagini. Come è capitato?
E’ vero, sono andato un po’ fuori dagli schemi perchè sono ingegnere ma anche giornalista, cosa che crea sempre un po' di smarrimento nei miei interlocutori. Ho 37 anni, 8 dei quali passati in Iveco a lavorare sempre su mercati esteri: Africa, Medio e infine Estremo Oriente. Per due anni sono stato marketing manager del sud-est asiatico per loro, con base a Bangkok. Poi, dopo un anno da startupper a New York nel 2016, ora da 4 anni sono consulente in pianta stabile. Ho seguito business molto diversi tra loro, dalle cucine di Schiffini fino alla blockchain e ora la cybersecurity, dove sono consulente per Haruspex, una realtà tra le più promettenti di tutto il comparto, con il suo digital twin. È una startup ma ha tra i suoi clienti alcuni dei principali player del mercato domestico italiano. Abbiamo appena terminato un percorso di open innovation con 3 corporate del calibro di Leonardo, Snam e Terna. Il prodotto è sicuramente eccezionale. Da settembre, Covid permettendo, lo porteremo anche in Silicon Valley, dove ci hanno selezionato per un percorso di accelerazione di ICE in Mind The Bridge, a San Francisco. Adoro il segmento deep-tech, e credo che l'Italia abbia tantissimo da dire in questo settore.
Sei un Consulente sempre con la valigia in mano. E allora, come hai vissuto quest'anno di pandemia? Come sei riuscito a “reinventarti”? E come sei passato dall’osservare scenari internazionali ed intercontinentali a focalizzare la tua attenzione su panorami che possiamo definire sotto casa?
All'inizio l’ho percepito come un periodo di sano riposo. Chiunque preferisce vivere un momento come questo in un posto che possa chiamare "casa". Dopo un anno, sinceramente però fremo dalla voglia di ripartire. Dal punto di vista del business ci sono comunque cose che fatte online vengono persino meglio, in maniera più efficiente. Ma in quanto all'efficacia... confesso che è difficile vendere senza un rapporto umano, senza incontrarsi de visu. Credo sia qualcosa che hanno sperimentato tutti. Aspettiamo con ansia il ritorno dei jet-lag, delle sveglie all'alba, dei rituali di vestizione.
L'uomo comunque si abitua, ma per non "sedermi" troppo ho iniziato a viaggiare anche qui, sul territorio. Mi ha aiutato molto anche mia figlia Olivia, che ha 2 anni e mezzo e occhi nuovi per tutto. Anche la mia Spezia può sembrare una metropoli con lei accanto. Mi ha salvato questo progetto che ho portato avanti negli ultimi due anni, Humans of Cinque Terre. Uno storytelling fotografico cominciato sui social e che sfocerà a breve in un bellissimo libro fotografico. 50 ritratti per 50 storie: 50 umani delle Cinque Terre, dieci per ogni villaggio, che ho intervistato e che un mio amico fotografo ha ritratto. Sono 50 umani "presi a caso": un campione statistico randomico che va dall'addetto alle pulizie dei bagni della stazione di Riomaggiore all'artista Michelangelo Pistoletto, probabilmente il maggior artista vivente italiano. E tutte le interviste sono "in presa diretta", che vuol dire che io ho cercato di scomparire il più possibile, e infatti è solo un discorso diretto, senza domande. In questo periodo, l'umanità non ha alternativa al partire dalle comunità locali. Vivere una dimensione umana sostenibile è la grande scoperta - o meglio riscoperta - di questo biennio assurdo.
Il progetto è comunque ora online con una campagna su Kickstarter, (ma il libro è personalizzabile anche come strenna aziendale: per quanto sia fotografico stampiamo in digitale e siamo flessibilissimi). Sono già arrivati "backers" da mezzo mondo: Stati Uniti, Nuova Zelanda, Canada, UK. Non ne ho ancora venduta una copia alle Cinque Terre però. La Liguria al suo confine diventa ancora più stereotipata...
Il claim della tua attività è "Creativity Squared", che gioca sull'ambiguità inglese tra "creatività al quadrato" e "creatività quadrata", nel senso di razionale. Qual è il tuo bilanciamento tra la pulsione creativa e quella più "quadrata", potremmo dire ingegneristica?
Ho sempre pensato che sia dall'impollinazione tra scienze e campi diversi che l'innovazione più pura provenisse. Per questo, per tutta la mia vita ho cercato di portare avanti sempre in parallelo le mie due vocazioni, quella più umanistica e quella invece più "numerica", rigorosa e ingegneristica. Sono lecturer all'Università di Economia di Torino, faccio formazione sui temi di negoziazione filosofica e multiculturale, ho tenuto una palestra di scrittura. Ho pubblicato due romanzi (l'ultimo è "Radici Aeree", una storia di mystery shopping, a metà tra business e amore, ambientata in Asia), collaboro con diverse testate giornalistiche, e animo un collettivo di poesia performativa che si chiama "Mitilanti", un gioco di parole tra la militanza e i mitili, il prodotto tipico del Golfo dei Poeti. Tutto quello che faccio, cerco di farlo con un'anima: credo che nel lungo periodo sia questo che ci salverà, come umani, dall'automazione. Questo bilanciamento mi aiuta a tenermi sempre "sul pezzo", a creare connessioni nuove, e a non smettere di esplorare e innovare, rimettendo sempre in discussione tutto. Tra gli ingegneri sono considerato il creativo, tra i creativi il razionale. Io mi sento solo normale, anche se non tutti i datori di lavoro o i clienti riescono a capire il valore aggiunto di un approccio onnilaterale. Il tempo però è galantuomo, e sono sicuro che sia dalla mia parte. E poi, non ho mai smesso di imparare e divertirmi un solo giorno. |