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Quando mio padre ha posato per la prima volta – incerto e un filo preoccupato – le sue mani grandi sulla tastiera di un computer aveva già ampiamente sulle spalle settanta primavere.
E’ vero, alla metà degli anni ’80 la faccenda non era poi così scontata e in fondo il PC stava facendo i suoi primi timidi passi negli uffici, rimanendo strumento per iniziati. Però lui, con due figli nell’informatica e una figlia che aveva preteso un Apple per scriverci la tesi, voleva proprio capire. Così si è messo a frequentare un corso base per l’uso del PC mentre in famiglia lo prendevamo bonariamente in giro. Ma lui, testardo, è andato avanti per la sua scelta. La cosa non ha poi avuto seguito in termini di operatività, ma lui era assolutamente soddisfatto: aveva capito lo strumento ed intuito qualcuna delle sue potenzialità.
Digital evolution
Adesso che quell’età è la mia e che siamo nel piena di una crisi sanitaria senza eguali negli ultimi 100 anni, trovo quotidianamente su Internet, in televisione e sui giornali un verminaio di polemiche sugli ultraottantenni che non vengono vaccinati, che non ricevono gli SMS, che si impappinano cercando di iscriversi a liste regionali dominate da App scritte da qualcuno che probabilmente dell'informatica conosce ogni risvolto ma non ha la minima idea di come vada scritto un programma che dovrà essere impiegato da tutti, ma proprio tutti. Insomma, non si pone il problema dei vari passaggi dell’articolato processo che l’applicazione dovrebbe governare, incanalare, ma soprattutto rendere chiari ed accessibili a chiunque. Per onor di cronaca, devo dire che l’attuale procedura per la vaccinazione utilizzata dalla Regione Lombardia (parlo per esperienza diretta) è invece una perla di chiarezza, non pretende dati già noti al sistema informativo o alla tessera sanitaria e con tre clic conduce dritti all’obiettivo.
Comunicazione stravolta
Per me che ho una dipendenza dall’IT ormai incurabile, che prima di accendere la macchinetta per l’espresso non riesco a non dare uno sguardo veloce a WhatsApp e magari accendere il PC, quest’ultimo anno è stata una specie di illuminazione, un velo che mi è calato di colpo da occhi consunti fin dai primi led degli schermi anni ‘70. Mi sono reso conto di botto di come questa privazione – parziale fino ad un certo punto – di contatti personali e professionali per un tempo incredibilmente lungo abbia cambiato la struttura delle comunicazioni a ciascuno di noi, dirigente megagalattico o neoassunto, bambino delle elementari o pensionato.
Forse le comunicazioni di lavoro sono state relativamente impattate, considerando l’uso generalizzato delle email e del telefono. Però sicuramente abbiamo sentito la mancanza di quell’andare nell’ufficio accanto con il pretesto di chiedere un documento o discutere una opzione ma anche con il piacere di scambiare due parole guardandoci in faccia e magari dandoci una pacca d’incoraggiamento sulla spalla davanti alla macchinetta del caffè.
A proposito, il presidente di una società informatica molto nota a livello nazionale già vent’anni fa mi aveva stupito perchè nella sua azienda il caffè era gratis, non servivano monetine o quelle chiavette ricaricabili che io sono uno specialista a dimenticare qua e là. Mi ha anche spiegato il perché: le idee migliori – diceva – venivano cazzeggiando in libertà e gli scambi di informazioni di lavoro che spontaneamente avvengono nei momenti di pausa erano più produttivi di qualsiasi riunione strutturata.
Domani è un altro giorno
Penso avesse ragione e anche questo è un piccolo rimpianto che si unisce ad altri, più grandi, in tempo di pandemia. Però sono ottimista e non tanto per il vaccino che mi inoculeranno domani: la gente ha voglia di normalità e magari, con il favore della primavera-estate, il virus si rintanerà in un angolo. Starà a ciascuno di noi evitare di incoraggiarlo a riprendere fiato!
Parallelamente ho sentito in giro parecchie idee e ho visto iniziare qualche sperimentazione di azioni differenti da quelle che le imprese erano solite portare avanti più per abitudine ed inerzia che per altro. Ci sono tanti cervelli che non si sono rattrappiti dietro alle fiction di Netflix e che, magari nell’abbigliamento informale che la propria casa incoraggia, hanno preso in esame alternative ai processi tradizionali e inversioni di rotta su strategie che da tempo mostravano comunque la corda. Io, lo ribadisco, sono molto ottimista, di un ottimismo disincantato che mi preme dentro per la voglia di riprendere ad operare a pieni giri e senza costrizioni. E voi?
Se non lo siete abbastanza, in questo numero di Breaking News trovate anche i contributi di Silvia De Martino e Michele Lubrano che possono darvi una valida spinta. |  |