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Mettetevi comodi: è lunghetta.
La BuoniProdotti è stata fondata dal Bepi 40 anni or sono. Oggi, nel paese di BelPaese tutti pensano che il Bepi sia un uomo fortunato.
I suoi due figli, Alessia e Giorgio, invece di perdersi tra discoteche e Cayenne, si sono veramente appassionati all’azienda di famiglia.
Alessia, non si sa come, riesce a conciliare l’essere mamma con l’impegno in azienda. Tosta è tosta, dice agli amici il Bepi. Anche oggi per una donna non è facile laurearsi in Ingegneria Meccanica.
Il Bepi, agli occhi dei suoi compaesani, è sempre apparso un po’ estroso, controcorrente. Va bene mandare l’Alessia a studiare in città, va bene una facoltà da “maschi”, ma insomma chi aveva mai affidato la responsabilità della produzione a una donna!
Come se un maschio non ne fosse capace. Il giorno che l’ha detto ai suoi uomini, il Bepi non è stato molto benvoluto. Alessia non ci ha messo molto a far cambiare loro idea. In pochi mesi se li è conquistati tutti.
Giorgio, che durante gli anni di studio alla Bocconi a Milano si era fatto una fama di fine conoscitore della bella vita, finalmente arrivato ai 30 anni se ne è andato di casa, l’Eugenia, una cittadina che sembra nata in paese, l’ha inquadrato per benino. Certo all’inizio al Bepi tremavano i polsi, pensare che Giorgio seguisse i clienti più importanti, la linfa vitale dell’azienda….. il fatturato da allora aumenta, di poco, ma tutti gli anni e il margine pure.
Al paese dicono che il Bepi è proprio fortunato, gli è andata bene con tutti e due i figli, l’azienda è in buone mani e può pensare al futuro; hanno poi preso un’abitudine che gli piace tantissimo. Tutte le mattine si trovano in azienda per una “seconda colazione”, così può sfuggire a quel sergente della Giulia che lo tormenta con le pastiglie e il regime alimentare ma, soprattutto, insieme ai figli può fare il punto della situazione e discutere le cose più importanti; il Bepi è ancora al centro delle cose, ma senza intromettersi nel lavoro di Alessia e Giorgio.
E’ proprio vero che il buongiorno si vede dal mattino!
L’azienda BuoniProdotti sforna una vasta gamma di oggetti per il settore meccanico, ha un centinaio di clienti affezionati sparsi in tutta Europa. Il Bepi non si è mai lamentato dei guadagni, anche negli anni grami non ha mai avuto bisogno di indebitarsi troppo. I suoi uomini pensano da sempre che sia un buon padrone. L’azienda è cresciuta nel tempo, buoni prodotti, buone relazioni, attenzione ai problemi dei clienti, qualche buona idea e, soprattutto, il Bepi non si è mai montato la testa.
Un quesito indiscreto
Oggi il giocattolino fa girare una trentina di milioni di euro all’anno. Quella fatidica mattina al Bepi quasi andò di traverso la sfogliatella riccia quando Alessia all’improvviso chiese: “ma qualcuno di voi sa qual è la nostra produttività in rapporto a quella dei nostri concorrenti? E la nostra capacità di innovare?”.Bepi e Giorgio avevano imparato a loro spese quanto fosse sbagliato imputare le sparate dell’Alessia ai tipici sbalzi di umore femminile.
Ma proprio non capivano perché mai facesse quelle domande. E proprio adesso che stavano superando una piccola crisi indotta da qualche concorrente del Far East.
Alcuni clienti che erano stati attirati dai bassi prezzi, dopo qualche mese erano tornati da loro con qualche graffio in più; è proprio vero che un buon servizio non ha prezzo. A che serve comprare con il 20% di risparmio se poi la roba non arriva in tempo, non è tutta della qualità adatta e, soprattutto, se non sai se alla prossima fornitura verrai ancora servito?!
Negli ultimi anni, i clienti più importanti qualche scappatella l’avevano fatta, ma di scappatelle si trattava; Giorgio sentiva ancora le parole dette dal direttore generale del loro secondo cliente: “la qualità, l’affidabilità, il servizio e, soprattutto, la sicurezza di un futuro che BuoniProdotti ci dà è impagabile, ma sapete anche noi dobbiamo fare i conti, il mercato, i concorrenti, i costi che salgono….”.
Ma che cosa c’entrava con questo la capacità di innovare, pensava il Bepi, non era forse vero che dal niente avevano tirato su quel po po di azienda, e senza copiare come fanno i cinesi! E poi che cosa vuol dire capacità di innovare?
Comunque, se l’Alessia se ne veniva fuori con queste cose, era meglio andare a fondo. Quasi simultaneamente, Giorgio e suo padre sbottarono: “ma perché adesso ti preoccupano tanto produttività e capacità di innovare?”
Dal dire al fare
Alessia prende al balzo la palla e si mette ad illustrare i risultati di una ricerca fresca fresca che mostrava gli effetti a medio termine nel loro settore di strategie basate su una crescita lenta ma continua. E non era un bel futuro. Mentre Alessia parla, il Bepi pensa alla parola globalizzazione, solo adesso ne capisce il vero significato. Non è solo che all’Iper lì vicino si trovano prodotti che vengono dall’altro capo del mondo.
E’ che se vuoi mantenere il benessere che hai faticosamente raggiunto, ti devi preoccupare di cosa succede in tutto il mondo.
Il Bepi si sentiva inadeguato a questo compito, certi giorni non capiva nemmeno la moglie, figurarsi quelli che stanno all’altro capo del mondo.
E così, mentre l’Alessia espone la sua convinzione, “per rimanere competitivi dobbiamo cambiare passo, fare un salto, per questo servono investimenti importanti, serve un partner, da soli non ce la faremo mai”, e Giorgio continua a fare sì con il capo, al Bepi vengono i sudori freddi. E non ha nemmeno finito di mangiare la sfogliatella!
Quel mattino, la “seconda colazione” terminò meno bene che al solito.
Non ci fu un momento preciso nel quale il Bepi si oppose all’idea di Alessia, ma nei giorni che seguirono il Bepi se poteva evitava l’argomento, c’erano sempre questioni più impellenti da discutere. Ai giorni seguirono le settimane e la cosa rimaneva sospesa nell’aria.
La vecchia foto
Un bel giorno, Giorgio, rimettendo a posto delle vecchie carte di famiglia, ritrovò una vecchia foto, il decennale dell’azienda, con il padre e tutti i suoi “uomini” schierati davanti all’azienda, fieri e impettiti.
Qualcosa scattò nella sua testa e, parlandone con Alessia, misero a fuoco che cosa temesse il padre.
Tutti quelli che lo conoscevano, sapevano che il Bepi metteva al primo posto il benessere di tutti, operai, impiegati, la gente del paese quello con la p minuscola e quello con la P maiuscola; non che non capisse l’importanza del profitto, del ROI, ma venivano comunque al secondo posto. Tutte le decisioni erano sempre state prese con questa scala di valori ben chiara. E dove avrebbero potuto trovare un investitore che la pensasse come loro?
Di aziende cedute a fondi, con i fondatori e i figli in ruoli nominalmente importanti, ma di fatto senza potere di indirizzo, ne conoscevano tante.
Certo gli imprenditori si erano assicurati la tranquillità, ma la loro gente che fine avrebbe fatto?
Tra quanti anni avrebbero delocalizzato la produzione e poi la ricerca e sviluppo ed infine anche la testa pensante? Cosa avrebbero fatto? Turismo e agricoltura biologica?
Alessia e Giorgio decisero di andare avanti comunque e di ritornare sull’argomento con il padre solo dopo aver trovato la soluzione. Come dicono i consulenti “raccogli dati e parla con i fatti”.
Identikit
Fu in quelle settimane che Alessia e Giorgio poterono sfruttare tutte le conoscenze acquisite all’università e nei corsi di formazione fatti negli
anni per sviluppare un business plan in un linguaggio comprensibile all’investitore, ma che fosse baricentrato sullo sviluppo industriale e non su una mera speculazione finanziaria. Fu in quelle settimane che si misero alla ricerca di, come lo chiamavano nelle loro conversazioni, “un nuovo membro della famiglia” dell’affare che prevedono il “way out” dopo 4-6 anni.
Permanente, cioè capace di guardare oltre quel periodo. Capace di fare come il Bepi, di pensare il futuro come un continuum (anche se non lo diceva certo così) e non come una somma di presenti. Parlandone con alcuni amici che avevano già attraversato l’esperienza, Alessia e Giorgio si persuasero che dovevano cercare anche qualcuno che gli desse una mano a fare da collante tra l’azienda con tutte le sue abitudini e il FONDO con i suoi modelli mentali.
Se il Bepi avesse saputo che i figli stavano cercando un consulente, gli sarebbe andata per traverso non solo la “seconda colazione”, ma anche pranzo e cena. Da quando aveva creato la BuoniProdotti, i soli consulenti che aveva ingaggiato erano serviti per risolvere questioni specialistiche, che si presentavano di tanto in tanto e per le quali non era economico tenere persone proprie.
Ma per le cose importanti bastavano lui, i suoi uomini più fidati e adesso Alessia e Giorgio, e nei casi veramente gravi la Giulia. Furono settimane nelle quali non gustarono il sapore delle sfogliatelle, tutti presi a pensare se avrebbero mai trovato un FONDO che incarnasse veramente un nuovo modo di fare private equity, capace di diventare il nuovo membro della famiglia. Un membro permanente e non a tempo, a dispetto delle regole di ingaggio Giorgio e Alessia sapevano bene che trovare un consulente controcorrente rispetto allo stereotipo del consulente, con la valigetta piena di best practices, che arriva, sparge la sua sapienza e se ne va con la parcella, senza curarsi di che cosa succede all’azienda, era un’impresa disperata. Ma ormai erano in caccia e non potevano tirarsi indietro.
Gli ingredienti della ricetta erano chiari:
- il fondo ideale: controcorrente rispetto agli stereotipi, “tutto numeri e distintivo”, con un approccio speculativo, che non vogliono capire il business in profondità (e così facendo perdono e fanno perdere al paese un sacco di opportunità di crescita), un fondo che si incorpori più che si sommi all’azienda.
- un consulente ideale, alieno dalla logica del mordi e fuggi. Disposto a rischiare insieme all’azienda, a diventare anche lui “un membro della famiglia”, prezioso per il fatto di riuscire a vedere la situazione “dal di fuori”, con più distacco, ma davvero interessato alle sorti della stessa.
Il Bepi, Alessia e Giorgio troveranno il fondo ideale e il consulente ideale? Di Bepi, Alessia e Giorgio ce ne sono moltissimi, magari qualcuno ci sta anche leggendo. Il problema sta nei Fondi e nei Consulenti: se ce ne sono di ideali, come fanno a farsi trovare?
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