Editoriale | Delaini & Partners

Non so come l’abbiate vissuta voi, questa estate del tutto anomala. Da parte mia mi sono sentito strano, forse fuori posto.
Strano per il fatto di non aver provato la tipica voglia di pianificare per tempo le vacanze, di studiare un posto stimolante in cui riuscire per un po’ a dare un taglio alle solite abitudini, alle solite frequentazioni di lavoro e non, al solito tran tran. Un posto in cui recuperare energie per poi tornare più carico e più voglioso. Ma carico per fare che cosa? in quale contesto? con quali obiettivi? in mezzo a quali vincoli o difficolta? Insomma, mi è mancata del tutto la cosiddetta “sindrome da sabato del villaggio” tanto cara al Leopardi, quella che fa apprezzare il momento dell’attesa quasi più di quello in cui le nostre speranze si realizzano.

Alla fine mi sono rassegnato al fatto che non sarebbe stata una estate come le precedenti e non sarebbe sfociata in un autunno come tutti gli altri.
X

x
Si riparte
Mi ha dato una scossa l’immagine che riporto a lato, trasmessa da un amico e che riporta pensieri di Albert Einstein, frasi che risalgono a quasi un secolo fa, al 1931 per l’esattezza. Sono concetti semplici, di una evidenza lapalissiana, ma che portano tutti ad un’unica conclusione: il nostro futuro siamo noi.
E’ vero, ci possono essere momenti in cui “va tutto per il meglio” in termini personali, professionali, economici, famigliari e così via. Sono fasi – graditissime e sempre benedette – che possono indurci a tirare un po’ i remi in barca, convincendoci che siano le nostre qualità, le nostre intuizioni o la nostra preparazione a generare i successi. Poi il vento gira e ci troviamo ad arrancare, a stringere i denti, a strizzare ogni energia residua, a spremere ogni singolo neurone cerebrale per venirne fuori.

“Fase No”
Oggi che questa “fase no” investe l’Italia e il mondo a tutti i livelli – singole persone, aziende, istituzioni, economia – serve un impegno straordinario sia sul piano personale che su quello collettivo.
Sul piano personale penso ci sia poco da dire: occorre ripensare il nostro modo di lavorare e di vivere, esattamente come abbiamo fatto nei giorni del lockdown in cui abbiamo riprogettato, nel nostro piccolo, il modo di acquistare i beni di sopravvivenza, le modalità con cui rapportarci con amici e parenti ma anche con l’ufficio o con la scuola, i ritmi stessi delle nostre giornate. Ce l’abbiamo fatta e questo dimostra che ciascuno sa e può cambiare, anche in modo profondo.
Sul piano collettivo forse non abbiamo ancora tirato fuori le unghie e aguzzato l’ingegno in modo adeguato. Ma questo magari solo perché non ne abbiamo ancora avuto il tempo e ci manca l’esperienza, la verifica pratica. Certo, il cosiddetto smart working (un inglesismo che suona proprio bene, peccato che più d’uno mi riferisca che viene usato unicamente in Italia) ce lo siamo trovati davanti di colpo e un po’ abbiamo dovuto improvvisare. Però ci sono mille altri parametri da studiare, provare, affinare cercando di rimettere in piedi la barca. Nostra e degli altri, perché ragionando con miope grettezza e con cinico egoismo non se ne può uscire.
Io per primo – e me ne vergogno – sono bravissimo a criticare Governo, scuola, banche, aziende e tant’altro ancora, ma inizio a rendermi conto di non aver dato, nel mio piccolo, un contributo del livello e dell’efficacia che pretendo dagli altri.

Prima dare, poi ricevere
Mi è tornato alla mente un fatto di molti anni fa, anzi moltissimi perché era il 1985. Assieme ad un gruppetto di una dozzina di imprenditori informatici avevamo pensato di dar vita ad un consorzio nel quale mettere a fattor comune una serie di iniziative, dallo sviluppo del software al marketing.
Una mezzora prima di andare dal Notaio per la costituzione formale, ci siamo ritrovati assieme ed uno di noi ha detto parole che sono suonate un po’ strane: “Chi ha intenzione di dare si faccia avanti, quelli che sperano solo di ricevere è meglio che si ritirino subito”. Lo abbiamo ascoltato, tutti ci siamo impegnati a dare il nostro contributo e alla fine ne abbiamo tratto ciascuno notevoli vantaggi. Una specie di moltiplicazione dei pani e dei pesci.
X
X
Alberto Delaini
alberto@delainipartners.it
X