DBR: produzione e domanda reale | Delaini & Partners

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Se questa azienda avesse un nome tedesco sarebbe in prima pagina sul Sole24Ore. La chiameremo AddaMechanik.

Galeotto fu un workshop. Correva l’anno 2009, il vento della crisi infuriava, a uno dei 20 workshop che organizzammo quell’anno partecipò il patron dell’azienda, uno tra i pochi che pensavano al futuro. Il feeling fu immediato. Qualche mese dopo ci incontrammo e ci raccontò della sua azienda, dei suoi crucci e della sua visione.
Un’azienda da 30 anni sul mercato, reputazione solida, un prodotto valido, innovazione costante. Azienda del settore meccanico.
Al comando lui e la sorella; Lui, sognatore, 1 ne fa 100 ne pensa, consapevole dei propri limiti e di quelli dell’azienda, alla ricerca di “metodo” per fare salto qualità, formazione e ricerca di finanziamenti in dosi massicce. Lei riassumibile nella frase “sì, va bene pensare al domani, ma oggi che cosa possiamo fatturare?”

La visione dell’imprenditore è semplice e intrigante: “dobbiamo ridurre il costo del prodotto del 30% per girarne una parte al cliente, circa un 10%, in cambio di pagamenti a 30 gg (obiettivo equilibrio finanziario, anzi lavorare con soldi propri anche se le banche finanziano, esiste un buon rapporto, l’azienda ha un rating alto). Una seconda parte, 10%, la destiniamo alle persone che finora hanno lavorato per la gloria e la soddisfazione personale, infine l’ultimo 10% è destinato all’azionista”.


Com’è fatta l’azienda – anamnesi con le lenti della Theory of Constraints

Un’azienda fatta da 20 persone, il cui massimo fatturato è stato di 2,8 mln euro (2008) (di cui circa 15% verso estero per tramite di clienti italiani) in crescita del 46% rispetto a 2007 grazie a un cliente austriaco; fino a marzo 2009 sono stati bene, trascinati dall’inerzia del portafoglio ordini, dopo sono crollati – 67%.

La gamma prodotti estremamente semplice:
  • Contro punte – il processo produttivo è tendenzialmente a “V” (sono prodotti di consumo, da scaffale, 300-500 euro prezzo al cliente, vendono direttamente ai costruttori di macchine utensili e indirettamente tramite rivenditori, la vita media del prodotto è attorno a 1-1,5 anni; questa linea incide per ca. il 30% sul fatturato complessivo)
  • Tavole rotanti – il processo produttivo è tendenzialmente a “I”; sono realizzate su specifica del cliente, hanno un prezzo compreso tra 15-30k euro, vengono vendute direttamente a costruttori di macchine utensili, incidono per ca. il 60% del fatturato
  • Svolgono anche attività di service, manutenzione, e realizzazione di attrezzature speciali con una incidenza del 10% sul fatturato complessivo.

Quali sono i sintomi (UDEs) del malessere, ovvero del gap tra prestazioni attese e prestazioni finora ottenute che imprenditore misura con EBIT?
  • magazzino troppo alto, stima extra magazzino ca. 40%
  • cattiva sincronizzazione tra le fasi della produzione
  • lead time richiesto dal mercato (per le tavole): 20-22 gg; la perfromance media attuale è in 40 gg.

I risultati

Nel giro di alcuni mesi, i BRIC sono diventati il loro paese, fare fiere a Taiwan è normale, essere in partnership commerciale e tecnica con 3 nuovi “grandi” società anche.
In area tecnica e produttiva, con tanto metodo, e poi metodo, e infine metodo (TOC e TRIZ sapientemente mixati), il magazzino è a livello fisiologico, le consegne puntuali, in crescita il fatturato (mediamente del 27%).

Come ci siamo arrivati:
FASE 1 – Il primo obiettivo è stato stabilizzare il sistema.
  • Ci siamo riusciti tramite l’introduzione di un processo di pianificazione del vincolo che tiene conto della reale capacità disponibile, delle interdipendenze tra le fasi di realizzazione del prodotto (sincronizzazione) e del miglior mix di produzione ai fini del rendimento economico. La soluzione utilizzata è stata DBR – Drum Buffer Rope. Il più potente meccanismo di sincronizzazione tra produzione e domanda reale. Pura Theory of Constraints in azione.
  • E’ stato necessario formare le risorse interne al metodo.
  • Sono state codificate delle procedure operative per minimizzare la variabilità e garantire la subordinazione al vincolo. Questo ha consentito il: miglior sfruttamento ed efficienza del vincolo, la riduzione del tempo di attraversamento (lead time), e una maggiore disponibilità di capacità produttiva a parità di volumi.

FASE 2 – E’ stato definito e introdotto un sistema di misura in grado di tenere sotto controllo il raggiungimento degli obiettivi economici, di prestazione globale e di processo. E’ stato condiviso con tutto il personale. E’ stato inoltre implementato il sistema di raccolta dati e di comunicazione dei risultati.
Questo ha permesso una focalizzazione da parte del personale ad operare per obiettivi e aumento della capacità produttiva (mediante anche una consapevole riduzione degli sprechi).

FASE 3 – E’ stato deciso quale quota di capacità liberata destinare a nuove attività. Individuando i criteri per la pianificazione della capacità liberata nel rispetto del vincolo e in accordo con le attività commerciali. Infatti non conviene utilizzare il 100% della capacità del vincolo, ma occorre tenersene da parte un po’ (in gergo si chiama capacity buffer) sia per far fronte alla variabilità della domanda, sia, ancora più strategico, cogliere le opportunità di mercato che ci si presentano. Per un’azienda, come la nostra, che ha un constraint nel mercato, disporre di un capacity buffer è ancora più strategico.
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Volete fare almeno un tentativo di imitazione? Non occorre impegnarsi il capannone, è sufficiente qualche giornata di workshop, un bel po’ di determinazione e un pizzico di follia.

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