xx
x
x
x
Roberto Lorusso
Email: posta@robertolorusso.it x
x
x
|  | In queste settimane in cui veniamo martellati da comunicazioni angoscianti e minacciose relative ad epidemie su scala mondiale e barriere che ciascuno (persona o Stato che sia) erge a difesa non si sa bene di che cosa, la paura di lasciarsi andare al pessimismo non è poi così infondata.
Proprio per ridare un soffio di serenità a questa nostra pubblicazione mensile, ho chiesto a Roberto Lorusso, un carissimo amico, di ospitare un breve estratto della sua recente fatica "Umiltà, l'unico sostantivo della leadership".
Io nella lettura ho trovato parecchi spunti stimolanti e un punto di vista decisamente originale per guardare a tante cose, magari anche a quelle della nostra azienda.
Alberto Delaini
Molte spesso quando ci accostiamo alla leadership, sentiamo la necessità di capirla e di volerla imparare dagli altri partendo da ciò che è visibile e tangibile.
Invece, io consiglio sempre di partire dalla storia, dal vissuto, da ciò che non è visibile.
Tu sai benissimo che ciascuno di noi è unico e irripetibile.
Le nostre storie sono tutte diverse e sarebbe veramente poca cosa trovarsi ad essere leader semplicemente perché mi tocca esserlo o perché ho il desiderio di esserlo.
Ti sei mai chiesto su quale storia di te ha fondamento la tua leadership?
Chi ti ha chiamato ad essere tale? Cosa ti spinge ad esserlo?
Il mondo è pieno di storie che ci raccontano grandi leader ma di questi sappiamo molto poco della storia che ha preceduto la loro fama, o su cosa hanno fondato la loro leadership.
Ebbene, se riesci ad avere il tempo di approfondirne qualcuna, scoprirai che tutto parte dal riconoscimento di una propria debolezza, dalla sua accettazione e dell’aver costruito la propria leadership partendo da essa. Forse potremmo rivolgerci proprio a queste storie per cercare di capire la nostra e renderci così conto se la nostra leadership è fondata sull’umiltà.
Per fare questo, ti consiglio di partire dall’analizzare le tue debolezze.
Purtroppo, il mondo imprenditoriale, e non solo, ha un modo di pensare che sicuramente non ti aiuterà a fare ciò. Esso pensa correntemente in altro modo: pretende di conoscere storie di persone che hanno tutto di buono, nessun difetto, nessuna debolezza.
Il punto di partenza di questa cultura parte dal vedere leader “invincibili”, dalle “grandi abilità”, dai “grandi talenti” e non certo dalle debolezze umane, mentre noi dovremmo imparare ad ispirarci a leader del saper essere anziché del saper fare.
Trattasi di leader che non hanno mai finto di essere “altro” da ciò che sono realmente ed hanno saputo vivere umilmente, cioè hanno saputo manifestare le proprie debolezze, ricevendo in cambio quella comprensione ed amore che gli ha permesso di essere veri leader.
Ti sfido a riflettere su questo: se ognuno di noi fosse capace di pensare e di comportarsi, in modo convinto, che ai nostri collaboratori (agli altri in genere) non interessano i nostri talenti ma le nostre debolezze, quanto più efficace sarebbe la nostra leadership?
E noi, quanto più felici saremmo realmente?
Io penso che ognuno di noi sappia con discreta certezza cosa gli faccia bene e cosa non gli faccia bene, cosa lo rende felice e cosa lo rende infelice.
Ma chi vive nella paura del giudizio (a volte del proprio giudizio e non solo di quello degli altri) non ha nemmeno il tempo di domandarsi che cosa sia bene per lui perché la maggior parte delle sue energie le utilizza per coprire, per difendersi dai giudizi, per fingere di essere altro da se.
La nostra felicità è tutta nella esperienza di essere compresi ed amati da chi ci circonda perché riconosciuti deboli come loro.
Umiltà. Questa è la felicità che ci dona nuove grandi energie. |