Creatività e Problem Solving | Delaini & Partners

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Problem Solving ... con creatività




Il problem solving, in particolare creativo, è la competenza trasversale maggiormente richiesta dalle aziende, in particolare quelle di servizi.
A fronte di scenari nuovi, problemi nuovi ma anche imprevisti, non basta più l’approccio lineare, analitico. Occorre integrarlo con il pensiero laterale (E. De Bono).
Sbagliare problema” è possibile, con il solo pensiero lineare, creando così danni all’azienda, ai clienti e agli stessi operatori.

Un caso emblematico
Un famoso caso di problem solving creativo viene raccontato su Harvard Business Review ( 2018).
In una importante azienda statunitense che offre servizi finanziari, si erano manifestate lamentele a proposito della lentezza degli ascensori. Poiché l’orientamento culturale dell’azienda è quello di ascoltare il cliente ed accontentarlo in tutti i modi, Il Consiglio di Amministrazione si riunì per discutere il problema. Si fece avanti l’ipotesi di cambiare gli ascensori per metterne di più moderni e veloci. Ma i costi erano rilevanti.
Allora venne chiamato un consulente e questi chiese di poter osservare per un paio di giorni il flusso dei visitatori.
Quando furono trascorsi due giorni, il consulente in CdA disse che non era il caso di cambiare gli ascensori. Bastava applicare delle specchiere a fianco degli ascensori stessi. Le persone infatti non avevano tutta questa fretta, ma si annoiavano nell’attesa dell’ascensore. Le specchiere invece fornivano loro l’opportunità di controllare il proprio aspetto prima di accedere agli uffici: sistemarsi la cravatta, o i capelli per le signore, è comunque un’attività che riempie proficuamente il breve tempo dell’attesa.
Il successo dell’operazione fu notevole e le lamentele cessarono.
Questo caso è un bell’esempio del problema di sbagliare problema… In una logica lineare, si sarebbero potute fare due cose: sostituire gli ascensori con costi rilevanti per l’azienda; oppure far finta di niente, con costi per la clientela che si sarebbero trasformati in costi per l’azienda.

Un pizzico di creatività
Essere creativi non è un privilegio di poche persone, ma una potenzialità di tutti noi.
La storia della creatività è lunga: fina dall’antica Grecia, la si attribuiva solo agli artisti. In tempi decisamente più recenti, (anni ’60) l’aggettivo creativo divenne un sostantivo per rappresentare i pochi, privilegiati che “inventavano” nuove modalità di rappresentare, comunicare, promuovere i nuovi prodotti e servizi.
In realtà, tutti noi possiamo essere creativi, lo siamo da bambini e adolescenti e possiamo riscoprire in noi gli stessi “sintomi” di creatività… Solo che spesso la scuola, la famiglia, gli amici e i colleghi ci condizionano anche in modo fra loro contradditorio, ma normativo. La creatività richiede la sospensione dei condizionamenti, facendo a meno per un po' delle norme che strutturano il nostro pensiero.
Essere creativi significa adottare un atteggiamento rivolto all’assunzione di responsabilità e al desiderio di migliorare la situazione.
Queste sono le premesse. Le tecniche vengono dopo e sono del tutto inutili, in assenza di questo atteggiamento.

Aumentare il coinvolgimento
Spesso nelle organizzazioni la persona ritiene di non essere “pagata per pensare” e quindi di non essere responsabile dei mal funzionamenti.
“Con quel poco che guadagno!” E poi l’ambiente, magari open space, rumoroso, poco accogliente, demotiva ancora di più. Infine, la gerarchia non è sempre accogliente rispetto a idee che vengono “dal basso!”
Quindi per motivare le persone e i gruppi a formulare idee per il miglioramento continuo, occorre rimuovere alcuni ostacoli, strutturali e culturali.
La posta in gioco non è poca cosa: si tratta di incrementare la capacità collettiva di innovazione e di miglioramento continuo.
L’ambiente di lavoro che meglio stimola la creatività, senza pensare ai “paradisi creativi” in cui non ci sono orari né obbiettivi operativi, è quello in cui la persona e il gruppo sono al centro dell’attenzione del management. In cui la persona “sente” che la sua organizzazione tende al miglioramento continuo, anche a costo di cambiare.

Creare l'ambiente favorevole
L’ambiente favorevole è quello in cui non ci sono pre-condizionamenti e il gruppo viene posto in una situazione protetta, in cui non sarà posto sotto giudizio prima della fine del “pensatoio creativo”, ma anzi verrà incoraggiato e se il risultato sarà soddisfacente, premiato.
Allora sì che il gruppo, invece di essere travolto dall’emergenza, può permettersi di prendere le distanze dal problema, per quanto urgente, guardare ai fattori che lo costituiscono dall’esterno, come se fosse un problema “nuovo”, cui non si possono applicare le solite modalità.
Questo è il primo passo. E già qui il nostro atteggiamento è profondamente cambiato: ci prendiamo la responsabilità, anche se apparentemente siamo distanti.
Il secondo passo è lasciare libere le briglie: come un cavallo al galoppo, le persone sono chiamate a produrre idee, anche se dovessero sembrare fuori luogo o addirittura un po' folli. Dalla quantità nasce la qualità. Il lavoro successivo è riorganizzare le idee prodotte con vari criteri, questa volta “razionali”.
I risultati di questo approccio sono universalmente conosciuti. E’ con questo approccio che la Xerox ha superato una tragica crisi di mercato delle fotocopiatrici: il team creativo ha proposto di affittarle ai clienti invece che venderle, aggiungendo al “pacchetto” l’assistenza gratuita per due anni. E il mercato ha risposto positivamente.
Gli esempi sono molti, sia a livello aziendale che a livello personale.

Un episodio
Ma ora, più che parlare di aziende, vorrei raccontare un episodio personale, che mi è occorso qualche anno fa, per sottolineare il fatto che ognuno di noi può beneficiare di questo approccio, senza grande fatica.
Stavano per essere conclusi i lavori di ristrutturazione del nostro condominio, sito al 4° piano a Venezia.
Ad un certo punto, l’impresario decise di chiudere provvisoriamente il nostro cantiere, perché ne aveva un altro più redditizio. Eravamo disperati, dovevamo entrare nel nostro appartamento al più presto, con i nostri due bambini.
Allora ci venne un’idea: ci siamo consultati con il nostro architetto, che era sdegnato quanto noi. Lui ci suggerì un’altra impresa, più affidabile. Il problema erano le impalcature già applicate che il vecchio impresario voleva noleggiarci per il tempo in cui avrebbe lavorato nell’altro cantiere. Ed il costo era alto.
Noi, dopo aver sedato la rabbia, abbiamo deciso di acquistare l’impalcatura, invece che noleggiarla, per poi rivenderla al nuovo impresario, che ne fu felicissimo. Da problema l’impalcatura è diventata un’opportunità e i costi sono stati nulli, perché il nostro nuovo impresario l’ha riacquistata in tempo reale, allo stesso prezzo per cui l’avevamo comprata. Un gruppo di lavoro in famiglia!!
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